«Quando arrivai a Palermo per iscrivermi all'università, mi accorsi a pelle che Palermo era "fimmina". Non solo per la bellezza delle sue ragazze dagli sguardi pirateschi, ma anche per la presenza ad ogni angolo del centro storico di numerose edicole votive dedicate a santa Rosalia, la Santuzza. Palermo era "fimmina" nella sua carnale decadenza. Odorava di fiori tropicali e di monnezza. Odorava di umidità nelle scale di palazzi aristocratici ormai in sfacelo, e odorava di mistero dietro i portoni che introducevano a chiostri carichi di gelsomini e di rose.»
Una lunga tradizione letteraria e
cinematografica ha rappresentato la donna siciliana come una figura
stilizzata: vestita di nero, segregata dalla gelosia, costretta dai
familiari a castigare i propri istinti. Ovviamente è un'immagine
lontanissima dalla realtà, che si compone invece di tante storie del
tutto estranee a questo archetipo. Il quadro è ricchissimo: dalla santa
patrona Rosalia a Franca Viola che fece cambiare leggi e costumi; dalla
giornalista e scrittrice Giuliana Saladino alla "vecchia dell'aceto" che
nel ʼ700 preparava pozioni per avvelenare i mariti; dalla cantautrice
Rosa Balistreri all'editrice Elvira Sellerio e alla prima miss Italia.
Scopriremo in queste pagine che, se pure qualcosa di vero c'è nel
personaggio di fantasia interpretato da Claudia Cardinale in I soliti
ignoti («Carmelina, ricomponiti»), un secolo prima nella realtà c'erano
le temibili combattenti socialiste di Piana degli Albanesi, donne che
scendevano in piazza e non avevano alcuna intenzione di ricomporsi.
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