Oltre 150 papiri, 5000 gioielli (compresi numerosi scarabei), 150 statue, decine di mummie. Questa è solo una parte del patrimonio che nel 1829 Bernardino Drovetti riportò con sé in Italia dall'Egitto, dove aveva passato gli ultimi ventisette anni della sua incredibile vita. Nato nella provincia piemontese, Drovetti si era mostrato da subito ambizioso e intraprendente. Soldato nell'esercito napoleonico impegnato in Egitto, poi ufficiale di campo del generale Gioacchino Murat durante le campagne d'Italia, nel 1802 fu mandato ad Alessandria d'Egitto, prima come viceconsole, poi come console generale di Francia incaricato di avviare dei nuovi rapporti commerciali con il Cairo. Ma Drovetti non si limitò alla sua pur prolifica attività diplomatica alla corte del viceré della Sublime Porta ottomana, Mehmet Alì Pascià. Appassionato di reperti e scavi, ancora prima che gli esploratori inglesi cominciassero le spedizioni per completare gli spazi bianchi rimasti nelle mappe del globo, si avventurò per l'Egitto a caccia di antichità e monumenti, intercettando la neonata passione europea per l'archeologia. Per anni Drovetti "l'Egizio" si destreggiò abilmente tra i rivolgimenti della storia, tra imperi che crollavano, guerre civili e abdicazioni, facendo arrivare in Italia le ricchezze che costituiscono oggi il nucleo iniziale del Museo Egizio di Torino, oltre a svariati pezzi finiti poi ad arricchire le sale del Louvre, del Neues Museum di Berlino, o le collezioni esposte a Vienna, Ginevra e Monaco.
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